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IV. Dal distacco britannico-sionista alla Grande Rivolta Palestinese del 1936

Come nei periodi precedenti, anche in quegli anni l’immigrazione ebraica in Palestina fu il punto cardinale della politica sionista, che come abbiamo visto godeva oramai dell’inequivocabile benedizione della Gran Bretagna. Tra il 1920 e il 1930 l’immigrazione si sviluppò a ritmi sostenuti, consentendo un processo di urbanizzazione delle città ebraiche e la creazione delle condizioni necessarie alla modernizzazione economica delle strutture sioniste in Palestina, a spese della popolazione autoctona palestinese.

Pertanto, nel 1929 scoppiarono violente rivolte da parte palestinese per contrastare l’immigrazione sionista. In risposta a queste violenze, nel 1930 i britannici istituirono due commissioni d’inchiesta: la “Commissione Shaw” (1) – che per la prima volta chiedeva di regolamentare l’immigrazione ebraica – e la “Commissione Hope-Simpson” (2) – che criticava la politica fondiaria sionista e metteva in discussione la Dichiarazione Balfour in quanto troppo di parte e non abbastanza obiettiva. Si trattava del preludio del divorzio tra britannici e sionisti, che sarebbe poi andato accentuandosi negli anni Trenta.

La militarizzazione del movimento sionista

Un elemento particolarmente significativo che seguì gli eventi del 1929 e del 1930 fu lo sviluppo dell’apparato militare sionista. Questa istituzione si rivelerà decisiva negli anni successivi, segnati da una recrudescenza delle tensioni, fino all’indipendenza dello Stato di Israele nel 1948. Storicamente, la creazione di un esercito professionale non era una prerogativa del movimento sionista. Per Theodore Herzl, il padre del sionismo politico, lo sviluppo del focolare nazionale ebraico doveva essere condotto in modo pacifico. Infatti, la creazione della prima milizia armata nel 1909, la Ha-Shomer, avvenne in modo spontaneo e indipendente, senza che il progetto provenisse dall’amministrazione centrale sionista.

Nel 1934, i leader nazionalisti palestinesi presentarono all’Alto Commissario britannico un piano per la creazione di un governo democratico e rappresentativo. Da parte sua, l’amministrazione britannica propose di istituire un Consiglio legislativo per rappresentare le due comunità. Ma il movimento sionista rifiutò, consapevole della sua forza e del suo radicamento sul territorio.

Il rifiuto sionista portò a una radicalizzazione del movimento nazionalista palestinese. La fondazione dell’Alto Comitato Arabo nel 1936, un nuovo organo politico centrale palestinese, diede nuovo impulso al movimento nazionalista palestinese, riuscendo a convocare e lanciare un massiccio sciopero generale nello stesso anno, paralizzando il paese. Parallelamente al consolidamento del nazionalismo palestinese, iniziò a prendere forma un movimento di resistenza armata, in risposta alla violenza indiscriminata di un sistema politico e istituzionale intrinsecamente discriminatorio.

Nel 1936, per la prima volta nella storia politica della Palestina, i palestinesi formarono un corpo politico unito. Tuttavia, questa tarda unità palestinese era destinata a fallire; la via diplomatica si stava infatti definitivamente esaurendo di fronte all’intransigenza coloniale, favorendo così la via delle armi.

Le aree rurali palestinesi erano colpite sempre più duramente dal meccanismo del debito e dall’espropriazione fondiaria, per non parlare delle politiche britanniche e degli imperativi sionisti di acquistare terre e sostituirle con “manodopera ebraica”. Furono le gocce che fecero traboccare il vaso.

Nel 1937, parallelamente alle operazioni militari, il governo britannico nominò una commissione d’inchiesta – la “Commissione Peel” (3) – per indagare sulla natura delle dispute. Una delle conclusioni della Commissione fu inequivocabile: l’assimilazione tra la cultura ebraica e quella palestinese era inverosimile e destinata al fallimento, e una Palestina binazionale non era che una lontana chimera. Per la prima volta, la partizione della Palestina in due Stati fu collocata sul tavolo dei “negoziati”. Inoltre, la Commissione propose uno scambio di popolazioni, sul modello di quello avvenuto nel 1922 tra Grecia e Turchia, che avrebbe portato alla creazione di due Stati più o meno omogenei.

Delusa da questa proposta e dalla negazione delle sue richieste fondamentali, l’insurrezione armata palestinese riprese la fiaccola con rinnovata intensità, dando inizio alla seconda fase della rivolta.

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